La notte che bruciò Crome

In seguito alla lettura di “La notte che bruciammo Crome” di William Gibson ho sentito il bisogno di buttar giù alcune righe.. Ne riprendo i temi ma le emozioni sono mie..


Burning CromeLa notte che bruciò crome io ero lì…

Un solo lungo grido agghiacciante di orrore e crome non era più…

Gettatasi tra le fiamme il suo corpo venne consumato rapidamente mente il suo impero, il suo potere e anche la memoria di ciò che era stata andavano svanendo, tra gli scricchiolii delle assi corrosi dalle fiamme ardenti.

Erano bastati solo 47 secondi per entrare nell’ice di crome e spazzare via dalla rete la sua effige.

Venuto meno il suo potere nella rete non poteva più esistere nemmeno nella realtà e il suo locale e con quello tutta la sua vita, crollarono come un castello di carte.

Crome piuttosto di ritornare nella miseria, indifesa dai suoi nemici, preferì togliersi la vita con le sue stesse mani, bruciando il locale e lei con esso.

Non so cosa le avesse fatto più orrore, finire tra le mani dei suoi nemici o la miseria.. Adesso non ci sarebbero più state schiave del sesso in quel luogo, ne uomini paganti alle porte del pub.

Le fiamme di quella notte senza stelle bruciano ancora nei miei occhi, mai io non sono più quell’uomo, ne accanto a me vi è quella donna di cui mi ero innamorato, in quel bar, dagli occhi castani e il sorriso malinconico.

Adesso lei era un aidoru dagli occhi blu elettrico e dal sorriso amorfo.

Sto camminando solo, lungo una spiaggia che non conosco, rischiarata dalla flebile luce della luna. Intorno a me non vi è anima viva ne segni di opere umane.

Riflettendo su questa storia che poteva avere, forse, un diverso sviluppo, non posso fare a meno di chiedermi se esisto ancora.

Sono passati mesi ma crome brucia ancora dentro di me.